Vena piccola safena (VPS)

Il trattamento della vena piccola safena (VpS)

La VPS costituisce il 10-15% dei trattamenti laser delle safene e, in generale, viene affrontata una volta che si raggiunge una certa esperienza nel trattamento laser della VGS.

La ragione nasce dalla complessità anatomica del cavo popliteo dove spesso è situata la giunzione safeno-poplitea, come anche per la presenza di nervi, in particolare quello surale e tibiale, che possono essere a contatto con la vena e quindi venire coinvolti nel danno termico.

Dal momento che poche pubblicazioni riportano dati sul trattamento della VPS con laser endovenoso, nelle linee guida della European Society for Vascular Surgery del 2015, la raccomandazione al suo trattamento con laser è di grado IIa (moderato) con evidenza B (moderato).

In questo differisce dalle indicazioni del trattamento della VGS, che ha al contrario una raccomandazione I (forte) con evidenza A (forte).

Nonostante ciò, il primo problema che si ha da affrontare, è la complessità anatomica del cavo popliteo, meglio valutabile, in confronto alla chirurgia aperta, con l’ecografia intraoperatoria utilizzata di prassi con intervento laser endovenoso.

L’ecografia, con scansioni longitudinali e trasversali, permette un posizionamento ottimale del terminale della fibra ottica, nelle fibre radiali molto rilevante, rispetto alle vene poplitea e gemellare e al nervo tibiale.

Nel caso in cui ci si trovi in vicinanza della fibra ottica al nervo tibiale, la si può allontanare con un cuscinetto di anestesia tumescente, oppure spostare il terminale della fibra, più caudalmente, iniziando il trattamento laser al di sotto del punto di contatto tra safena e nervo.

Per quanto riguarda i rapporti tra tronco safenico e nervo surale, è sempre l’ecografia che può evidenziare una vicinanza “pericolosa”, spesso già diagnosticata dal mappaggio preoperatorio.

Ma le migliori garanzie di non causare un danno del nervo surale sono l’uso di abbondante anestesia tumescente, eventualmente ancora più diluita, e avere il paziente sveglio e collaborativo.

Se il paziente, durante il trattamento, dovesse avvertire un dolore o una fitta irradiata verso il piede, sarà necessario sospendere l’erogazione della luce del laser e riposizionare il terminale della fibra 1 o 2 cm più in basso.

Quando si decida di trattare il terzo medio del tronco safenico sarà prudente anche utilizzare una dose minore di energia, al pari di 50 joules/cm.

Va segnalato che zone di anestesia/ipoestesia alla gamba potrebbero essere legate ad un’esecuzione concomitante di flebectomie e che, comunque, queste zone di ipoestesia, in generale, si risolvono o si attenuano molto, senza nessun trattamento nei seguenti 6-12 mesi.